Non sta succedendo anche a te?

images

La maschera l’ho messa lì perché mi è sempre sembrata viva.
L’ho appesa subito dopo esserci trasferiti, eravamo così sommersi da scatoloni e imballaggi, e la casa pareva talmente spenta, con tutte quelle file vuote di scaffali ad arrampicarsi fino al soffitto… e poi è stata la prima cosa a saltar fuori dalle casse. Prima ancora dei vestiti, prima ancora delle pentole o dei quadri o delle antichità.
“Per lei voglio un posto speciale” ha detto mia moglie osservandomi mentre la posavo sul pavimento.
Poi non è successo più nulla. Nel senso che c’eravamo noi due, che poi è come dire che non succedeva nulla: noi che posizionavamo oggetti e svuotavamo cartoni, metodici e concentrati come dei professionisti del disimballaggio, noi che discutevamo solo di quel tanto sufficiente a ricordarci d’essere ancora lì, e d’esserci insieme.
“Per cena cucino le lasagne” le avevo sentito dire mentre stavo continuando ad ammucchiare cose sul pavimento.
A ripensarci, non saprei dire a chi si stava parlando.

L’ho appesa accanto alla libreria, di fianco ad alcuni volumi di quando ero studente. Cose che mi portavo dietro mentre giravo l’Europa in treno, testi che non riprendevo tra le mani da anni.
Ecco cosa leggevo un tempo, mi sono detto estraendoli uno dopo l’altro dai cartoni. Ho girato la copertina di un tascabile e mi sono messo a guardarlo, mentre mia moglie, di ritorno dalla cucina, stava organizzando la sezione centrale della libreria.
“Un classico” ho detto.
“Cosa?”
“Il lupo della steppa. Non c’è studente che non se ne sia innamorato”. Stavo curiosando nella biografia dell’autore. “Ma non mi ricordo più la storia” ho aggiunto scorrendo le dita sulla quarta di copertina. “Non mi ricordo più che tipo fosse Hesse…” E ho posato il libro insieme agli altri. Erano: Kerouac, Ginsberg, Verlaine, Bukowski, Burroughs, biografie varie di poeti morti a trent’anni o che non erano mai arrivati a compierli.
“E dove li vuoi mettere?” mi ha chiesto mia moglie.
“In che senso?”
“Nel senso di dove li vuoi mettere”.
“Nella libreria.”
“Questa?”
Mia moglie ha continuato a tirar fuori altri volumi e ha detto “mi chiedo fino a che punto quei libri ti rappresentino ancora”.
Avevo in mano una raccolta di poesie di Jim Morrison. “Non saprei dire.. cosa mi rappresenti ancora”.
“Bè, forse dovresti cominciare a rifletterci” ha concluso lei.

Quella sera avevamo mangiato lasagne seduti per terra, davanti a una libreria per metà già riempita. Avevo posizionato gran parte dei miei libri in direzione parete, accanto alla maschera.
“Mi piace il luogo che hai scelto per appenderla” aveva detto mia moglie mentre prendeva uno dei volumi dallo scaffale e cominciava a sfogliarlo. “Come se fosse la guardiana delle nostre letture”. Aveva sorriso. “Questo posto comincia ad appartenerci”.

E questo è quello che ho cominciato a notare da quel momento in poi: le mie letture sono cambiate.
Niente di strano, direte, cose normali Ma non è dei libri di quando ero studente che sto parlando.
Ho cominciato ad esempio a passare sempre più spesso e con sempre minore casualità davanti a certi testi. Volumi a cui in passato non avrei mai fatto caso. Cose di cui ignoravo addirittura l’esistenza: manuali su civiltà sepolte, saggi su religioni scomparse, ipotesi su forme di vita alternative. Poi ho iniziato a prenderli tra le mani e a sfogliarli. Cose di cui un tempo ridevo. Libri ai quali la mia compagna aveva rinunciato fin dal principio a farmi appassionare. Mi sono messo a leggerli. A consultarli. E sempre con la fastidiosa impressione di due occhi estranei ad azionare certi processi, come l’ombra di una presenza occulta a veicolare le mie scelte.
‘Che stupidaggine’ ho pensato fissando la maschera, ‘appendere qualcosa di vivo in un luogo così felicemente avviato verso la morte’ , e ho considerato l’ipotesi di parlarne con mia moglie. Ma il pensiero che mi avrebbe detto “cosa ti salta in mente?”, mi ha bloccato.
Mia moglie mi avrebbe spiegato, con tono divertito e un tocco di compatimento nella voce, che le maschere non decidono un bel niente, “soprattutto non quella, che l’ho comprata in un negozio di souvenir all’aeroporto”. Mi avrebbe detto che non c’è nessun tentativo di controllo ipnotico, niente che stia subdolamente determinando le mie scelte o che stia tramando per modificarmi. E che è normale cambiare le proprie letture quando si diventa adulti.
Eppure mi domando se non sia il caso di rimuoverla dalla parete, la maschera. Mi chiedo se non sia il caso di trasferirla altrove, nel ripostiglio, nel corridoio, nel sottoscala, nella stanza degli ospiti… Che vada ad osservare la libreria di qualcun altro, maledizione. Volevo spiegarglielo, a mia moglie. Dirle che c’era qualcosa che non andava. Dirle: non sta succedendo anche a te? Dirle “sento di non essere più in controllo della mia vita”.
Ma già sapevo che avrebbe sorriso. Non essere sciocco, mi avrebbe detto, “alle volte ragioni ancora come un bambino”.

Questa voce è stata pubblicata in SIETE ANCORA Lì?, e altre storie sotto le duemila parole e contrassegnata con , , , . Contrassegna il permalink.

5 risposte a Non sta succedendo anche a te?

  1. Silvia Pareschi ha detto:

    Bello, Matteo, e per certi versi molto in linea con certe riflessioni che sto facendo proprio in questi giorni. Riflessioni alquanto sgradevoli, ti dirò, però è bello vederle rispecchiate e sublimate in una storia.

  2. matteotelara ha detto:

    Solo un consiglio posso darti, che sia o meno la maschera, rimuovila dal muro vicino alla libreria.
    Un abbraccio.

  3. Nelson ha detto:

    Sto rileggendo TOTEM dopo sedici anni e scopro che mi appartiene sempre di più.

  4. matteotelara ha detto:

    Che dire, sapere che è là fuori in case di persone che magari non conosco, e che c’è chi ancora lo legge – o rilegge – a distanza di anni, mi riempie di gioia. Grazie, Nelson.

Lascia un commento